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Minghetti, Marco.

Uomo politico italiano. Di agiata famiglia, compì i primi studi presso i Barnabiti, appassionandosi sia agli studi scientifici che letterari. Alla base della sua formazione culturale troviamo gli scritti di Gioia, Vico, Genovesi, Filangeri, Romagnosi e di Bentham, che giudicò uno dei più lucidi pensatori del secolo, pur non condividendone l'utilitarismo. Dopo aver partecipato nel 1839 a Pisa al primo congresso degli scienziati, intraprese una serie di viaggi in Europa (Svizzera, Belgio, Olanda, Prussia, Francia, Inghilterra), che gli diedero l'opportunità di constatare i rapidi sviluppi compiuti dall'industria e di approfondire l'analisi economica. A Londra ebbe modo di conoscere Mazzini, William Senior ed altri economisti di scuola liberale. A Zurigo incontrò Gioberti, di cui abbracciò le tesi neoguelfiste. Con l'avvento di Pio IX, M. si adoperò per ottenere riforme politiche e amministrative per le Romagne, cercando di promuovere un accordo tra il papa e i liberali. Fu membro della Consulta di Stato nel 1847 e ministro dei Lavori Pubblici nel 1848. A seguito dell'allocuzione del 29 aprile, apparendogli assurda l'unione, nella stessa persona del pontefice, del potere temporale e di quello spirituale, si dimise dal suo ufficio di ministro e raggiunse le forze piemontesi di Carlo Alberto a Sommacampagna, partecipando, col grado di capitano e poi di maggiore, ai combattimenti di Goito e Custoza (prima guerra di indipendenza). Tornato a Bologna, dopo l'uccisione di Pellegrino Rossi, si dissociò dalle elezioni per la Costituente e dall'azione rivoluzionaria del governo di Roma, e raggiunse il quartier generale del re ad Alessandria. A seguito della sconfitta piemontese di Novara ritornò a Bologna, dedicandosi alla cura delle sue terre, e agli studi economici, filosofici e letterari. Nel 1852 conobbe Cavour che, apprezzatene la capacità, si servì delle sue relazioni in occasione del congresso di Plombières. Segretario generale presso il ministero degli Affari Esteri nel 1859, fu eletto presidente dell'assemblea delle Romagne liberate, deputato del Parlamento subalpino e quindi di quello italiano. Nei Gabinetti Cavour e Ricasoli M. fu ministro degli Interni (31 dicembre 1860 - 1° settembre 1861), elaborando un progetto che, oltre i comuni e le province, prevedeva province più ampie, con sovrintendenza all'istruzione e ai beni culturali. Nel Governo Farini ricoprì l'incarico di ministro delle Finanze (1862-63). Nel 1863-64 fu a capo del Governo che stipulò la Convenzione di Settembre con la Francia, secondo la quale Napoleone III avrebbe ritirato le sue truppe da Roma dietro garanzia del Governo italiano, che nel frattempo aveva trasferito la capitale da Torino a Firenze, di rinunciare alla città. Ministro dell'Agricoltura e Commercio nel Gabinetto Menabrea (1869), si adoperò per la riforma del codice di commercio, promosse scuole di arti e mestieri e rinnovò i programmi degli istituti tecnici. Ministro plenipotenziario a Vienna (1870), al crollo dell'Impero napoleonico esortò il Governo italiano a occupare Roma. Fu nuovamente primo ministro dal 1873 al 1876, detenendo ad interim il ministero delle Finanze. Assertore, come gran parte della Destra storica, di una politica di contenimento della spesa pubblica, M. riuscì a ottenere il pareggio del bilancio statale. L'avvento al potere della Sinistra non determinò tuttavia il suo isolamento politico: anche all'opposizione, infatti, egli rimase una delle figure più autorevoli della vita politica del nuovo Stato unitario. In talune occasioni non rifiutò il suo appoggio a Depretis, manifestando una certa apertura per i nuovi problemi sociali. I suoi ultimi anni di lotta politica furono caratterizzati dal tentativo di creare una coalizione, che fosse di garanzia del sistema, fra Sinistra moderata e Destra, emarginando sia l'opposizione dei clericali intransigenti, sia quella dei radicali. Tra i suoi vari scritti ricordiamo: Dell'economia pubblica e delle sue attinenze con la morale e col diritto (1859), Opuscoli letterali ed economici (1872), Stato e Chiesa (1878), I partiti politici e la loro ingerenza nella giustizia e nell'amministrazione (1881). I miei ricordi (1888-90) e La Convenzione di settembre (1899) furono pubblicati postumi (Bologna 1818 - Roma 1886).